Egr. Cittadino,
tutto questo Le potrà risultare noioso, ma occorre cominciare ad entrare nel merito di una Riforma Costituzionale, che il 04 dicembre passerà al vaglio del corpo elettorale attraverso un referendum.
Intanto occorre ricordare, in questo tipo di referendum (costituzionale) non è previsto un quorum - ossia numero minimo di votanti affinché il referendum sia valido - e la legge viene promulgata, se i voti favorevoli superano quelli sfavorevoli.
Come ho già avuto modo di scrivere IO VOTERO’ NO e lo farò valutando il merito delle modifiche costituzionali proposte, senza che il mio voto diventi “pro” o “contro” l’attuale Premier.
Non ho apprezzato per nulla come sia stato gestito l’argomento, gli slogan di queste settimane (“Se vince il SI si riducono le poltrone”) hanno raccontato mezze verità, che non rendono onore all’importanza di una Riforma che tocca 47 articoli.
Seppur l’argomento non abbia carattere locale, ho ritenuto di apportare il mio contributo al dibattito, scrivendo e prendendo posizione, elencando i motivi che mi hanno convito a votare NO.
Non sono pochi, scriverò alcune lettere e vi chiedo - nei tempi e nei modi che vi sarà possibile - di dare una lettura, anche per dissentire rispetto a quanto riportato in ognuna di queste.
Il primo motivo (non saranno in ordine di importanza) è che la riforma Renzi-Boschi è un "ritorno al centralismo", in pratica rimette interamente nelle mani dello Stato un’ampia parte dei poteri e delle funzioni che la Costituzione del ’48 aveva equamente distribuito, attraverso criteri di democrazia, partecipazione e pluralismo, tra i diversi organi ed entità componenti la Repubblica.
In particolare, i Costituenti autori del testo originario della Carta avevano dedicato la massima attenzione nel valorizzare le Autonomie Locali con l’affermare, all’art. 5 – ossia, tra i primi posti dei Principi Fondamentali - il grande impegno della Repubblica nel "riconoscere e promuovere" tali autonomie, auspicando, altresì, il "più ampio decentramento amministrativo". Per inciso, l’art. 5 è rimasto in pieno vigore ed attualmente rappresenta il più acuto fattore di contraddizione con gli obiettivi ed i contenuti della riforma deliberata dal Parlamento il 12 aprile 2016.
Tutto questo è assolutamente in contraddizione con il percorso avviato con la Devolution, con la modifica dell’art.117 della Costituzione (norma che riguarda la ripartizione della potestà legislativa tra Stato e Regioni) nell’aumentare le competenze Regionali pur salvaguardando l’interesse Nazionale.
IL NEO CENTRALISMO - con competenze regionali trasferite allo Stato - E' UN PASSO INDIETRO.
Cordiali Saluti
Andrea Maggio
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