Oggi un post che vuole servire da stimolo a un comparto che localmente sta davvero mostrando difficoltà e carenze.
Come tutti siamo convinti, il rischio principale per la scuola italiana – in questo periodo Covid - è quella di abbandonare i propri studenti a un destino drammatico.
In tutto questo, vi è come sempre un fronte di “responsabili” riconoscibile e presente a macchia di leopardo all'interno di una comunità scolastica formata da corpo docente, dal personale ATA, dai genitori e da tutti gli attori in campo in questo periodo.
Onestamente non tutti stanno svolgendo il proprio ruolo con lealtà, così come richiesto soprattutto nei momenti di difficoltà.
Confrontandomi – ogni giorno – con i cittadini, ho avuto la fortuna di conoscere genitori con alcune fragilità familiari, di differenti tipologie e natura.
Chiaramente, gli studenti che vivono più di altri il pericolo di “esser lasciati indietro” sono i deboli, quelli con meno risorse, alunni con disabilità certificata, presenti nella scuola italiana, senza distinzioni, da oltre trent’anni.
Quindi, se da un lato vi è l'illusione di poter superare strutturalmente le molteplici difficoltà pratiche attraverso la buona volontà degli insegnanti (e nemmeno tutti!), dall'altra si registra il grande assente nel dibattito mediatico e tecnico sulla scuola ai tempi della quarantena: l’alunno disabile.
A dire il vero, il Ministero dell'Istruzione – 2 giorni dopo il DPCM del 3 novembre scorso – ha diramato una nota (m_pi.AOODPIT.REGISTRO UFFICIALE.U.0001990.05-11-2020 ) che ha offerto chiarimenti “in considerazione dell'evolversi della situazione epidemiologica”.
Nella nota, richiamando “il principio fondamentale della garanzia della frequenza in presenza per gli alunni con disabilità”, si afferma la necessità che “tali attività in presenza realizzino un’inclusione scolastica effettiva e non solo formale”.
Sembra quindi garantito il diritto all’inclusione con un gruppo di compagni in presenza.
L’Ufficio per l’Inclusione Scolastica della Direzione Generale dello Studente, tuttavia, ha affermato successivamente la semplice “possibilità” di frequentare le lezioni in presenza, citando in tal senso il contenuto del Dpcm.
Una possibilità che – a sentire genitori di alunni con disabilità – è quasi necessità per i loro figli.
Le istituzioni scolastiche sono chiamate responsabilmente a considerare le attività; andrebbe garantita l’effettiva inclusione scolastica sempre, ma in special modo per gli alunni con disabilità.
Lo DEVONO fare attraverso l’attivazione di tutte le forme di raccordo e collaborazione possibili con gli altri enti responsabili del loro successo formativo, sia in materia di assistenza specialistica che di trasporto scolastico, al fine di rendere un effettivo servizio di istruzione e di realizzare, in concreto, il diritto allo studio previsto dalla Costituzione.
La scuola – sotto l'attenta vigilanza del Comune (se avessimo assessori all'altezza del ruolo) – DEVE garantire il principio fondamentale della frequenza in presenza per gli alunni con disabilità.
Un principio che segna nettamente la necessità che tali attività in presenza realizzino un’inclusione scolastica “effettiva” e non solo formale da parte degli alunni, che vivono la scuola come fra i più importanti luoghi di aggregazione e socialità.
Comune e scuola dovrebbero mantenere una relazione educativa che realizzi un’effettiva inclusione scolastica.
Dov'è l'assessore? Perché invece di spendere i soldi per le cose futili non si provi ad adeguare il “Piano Diritto allo Studio comunale” avviando un dibattito pubblico?
Il Ministero dell'Istruzione è stato chiaro “...i dirigenti scolastici, unitamente ai docenti delle classi interessate e ai docenti di sostegno, in raccordo con le famiglie, favoriranno la frequenza dell’alunno con disabilità (…) in modo che sia costantemente assicurata quella relazione interpersonale fondamentale per lo sviluppo di un’inclusione effettiva e proficua, nell’interesse degli studenti e delle studentesse” e le ingenti somme che continuano ad essere accreditate devono essere spese, in via prioritaria per i più deboli.
Parlando con genitori di alunni con bisogni educativi speciali, sembra che attualmente il nostro Istituto non stia ancora rispondendo in modo ADEGUATO A QUESTE NECESSITA'.
Le comunità educanti devono con urgenza valutare come attivare misure per garantire la frequenza in presenza agli alunni con altri bisogni educativi speciali, qualora tali misure siano effettivamente determinanti per il raggiungimento degli obiettivi di apprendimento da parte degli alunni coinvolti.
Il dirigente scolastico ha il compito di assicurare la funzione dell’istituzione scolastica dal punto di vista tanto didattico, sentiti gli organi collegiali, quanto amministrativo.
Con la possibilità di collaborare con un Consiglio d'Istituto collaborativo e un comitato genitori che vanta alcune importanti competenze
La varietà delle situazioni delle istituzioni scolastiche chiamate ad attivare la DDI in forma esclusiva ha suggerito al Ministero di evitare, con nota del 05.11, indicazioni tassative ma piuttosto ha invitato a strutturare soluzioni organizzative.
Il Comune è totalmente assente, lo sappiamo, non ha assessori in grado di seguire la dinamica, ma dalla DS ci aspettiamo che sulla base dei propri poteri datoriali possa collaborare con gli organi collegiali e creare le migliori condizioni.
ANDREA MAGGIO
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