Nei giorni scorsi, davanti alla scuola di Pozzo d’Adda, un ragazzo delle scuole medie è stato aggredito da alcuni coetanei.
Non intendo soffermarmi sul fatto in sé, che ognuno sta già interpretando secondo la propria sensibilità.
Vorrei invece riportare l’attenzione sulle politiche giovanili, sull’importanza dell’educazione territoriale e sul ruolo, imprescindibile, delle famiglie.
Perché le famiglie non possono voltarsi dall’altra parte.
In questa fase della crescita, i ragazzi non cercano avvocati o sindacalisti pronti a giustificare qualunque comportamento, ma adulti presenti, capaci di ascoltare, di cogliere segnali di disagio, di parlare e soprattutto di collaborare.
E sono certo che – anche a Pozzo – questa collaborazione reale esiste e dev’essere soltanto stimolata: solo così le politiche educative territoriali possono funzionare davvero.
Ripensando al mio passato di assessore (anche alle politiche giovanili) mi rendo conto di quanto siano stati anni straordinari e formativi.
L’orgoglio di essere stato referente dell’ente capofila di Spazio Giovani Martesana, un progetto partito da 8 Comuni (e non tutti realmente attivi all’inizio) e poi triplicato nei numeri, con la partnership della Città Metropolitana di Milano
(all’epoca l’assessore Stancari).
Anni in cui l’educazione di strada non era uno slogan, ma un metodo concreto.
Grazie al lavoro tecnico di Nico Acampora – sì, proprio lui, prima che fondasse PizzAut – e al confronto continuo con assessori e uffici dei Comuni della Martesana, riuscimmo a costruire un modello di intervento coordinato che venne poi replicato in molte realtà italiane e riconosciuto per la sua efficacia.
Un progetto cresciuto perché funzionava: perché sapeva stare dove stavano i ragazzi, nei parchi, nelle piazze, negli spazi informali dove spesso gli adulti faticano ad arrivare.
L’educativa di strada serviva proprio a questo: intercettare i ragazzi prima che i problemi esplodessero, costruendo relazioni di fiducia, ascoltando bisogni e fragilità, accompagnando la crescita con strumenti educativi e non solo repressivi.
Qualche anno fa il Ministero finanziò un progetto sulle politiche giovanili che presentammo con convinzione e alla cui realizzazione Spazio Giovani Martesana contribuì in modo significativo.
Fu un risultato che ci rese orgogliosi: la prova concreta che quel lavoro, quella cooperazione tra Comuni, quella simbiosi costruita pazientemente con la Città Metropolitana (l’amica Emanuela fu bravissima) avevano generato valore.
Da quel progetto sarebbe nato un portale regionale dei giovani, capace di raccogliere e rilanciare le migliori web radio delle province lombarde, i video realizzati dai ragazzi, e persino percorsi formativi con le Scuole Civiche di Milano su editing, montaggio video e produzioni digitali.
Iniziative in grado di creare scambi – fisici e virtuali – tra giovani provenienti da territori diversi, mettendo in circolo competenze, creatività e relazioni.
Ricordare tutto questo mi porta naturalmente a un grande ringraziamento, che non sarà mai abbastanza: alla comunità educante.
Quella da cui anche Pozzo deve ripartire: una rete preziosa da costruire attraverso un tavolo permanente tra servizi comunali, educatori, assistenti sociali, forze dell’ordine, oratorio e parroco, famiglie che devono esserci in questa sfida.
E poi le associazioni sportive, che hanno sempre rappresentato una colonna portante della crescita dei ragazzi.
Gli allenatori, in particolare, che ogni giorno svolgono un ruolo educativo enorme: insegnano disciplina, impegno, rispetto, appartenenza.
Sono adulti che, nel quotidiano, trasmettono valori che nessun progetto può sostituire.
Voglio anche ricordare alcune persone che contribuirono con dedizione e competenza a rendere possibile quella stagione di politiche giovanili così ricca e innovativa:
– l’amico sindaco di Cernusco e poi senatore Eugenio Comincini
– l’assessore Maurizio Magistrelli
– Chiara Fiocchi di Pessano
– Panigatti di Vimodrone
– Paola Gargantini di Bellinzago
– Franco Giacomo Colombo di Bussero
– Marco Palazzi di Cambiago
– il mitico Paolo Molteni di Carugate (ancora in campo)
– il sindaco di Gessate Mario Leoni
– l’allora giovanissimo Federico Carrozza di Gorgonzola
E, soprattutto, il prezioso lavoro di Anna Tarantini, referente instancabile del progetto ed ex dipendente del Comune capofila.
Oggi mi chiedo se questo post verrà letto dagli amministratori di Pozzo d’Adda.
Non ne ho la certezza, anzi, dubito.
Non so neppure se i miei post – come accade invece in altri paesi – qui vengano realmente presi in considerazione.
Ma, in fondo, non è mai stato questo il punto.
Perché non ho mai scritto pensando al numero dei lettori: scrivo per spirito di servizio, per offrire il mio umile contributo, per lasciare traccia di un’esperienza che ancora oggi potrebbe essere utile, se solo ci fosse la volontà di ascoltare.
Perché i risultati dell’educativa di strada, servizio di Spazio Giovani Martesana, difficilmente trovano spazio in prima pagina: non sono feste, non sono sfilate, non hanno la visibilità degli eventi.
Sono risultati silenziosi, che emergono ogni giorno solo quando un problema non esplode.
E proprio per questo generano un valore enorme anche dal punto di vista economico: prevenire un disagio significa evitare costi ben più alti in termini di assistenza sociale, interventi educativi d’urgenza, sicurezza, fallimenti formativi.
È un lavoro sotterraneo, complesso, che richiede competenze e continuità e che merita di essere riconosciuto.
E lo vedo in tanti ragazzi poco più giovani di me che non solo sono stati strappati da situazioni a rischio, ma oggi sono addirittura imprenditori o professionisti: perfettamente recuperati grazie al lavoro di quegli educatori che Nico sapeva mettere in campo.
Oggi, purtroppo, alcune aree – e Pozzo d’Adda è tra queste – sono quasi del tutto scoperte da interventi educativi strutturati.
Ed è su questo che dovremmo riflettere.
La mancanza di politiche giovanili, sia comunali che sovracomunali, lascia scoperti i territori proprio dove servirebbe più presidio.
Senza una rete di educatori formati e presenti, senza un monitoraggio costante affidato a professionisti, i segnali di rischio si colgono troppo tardi, quando gli episodi diventano cronaca.
Racconto questa esperienza con un briciolo di nostalgia e perché credo sia arrivato il momento di rimettere al centro questo tema.
Oggi più che mai.
Vorrei che queste parole fossero lette anche dagli amministratori di Pozzo d’Adda, nella speranza che possano riconoscere l’urgenza di ricostruire una politica giovanile vera, non fatta di iniziative spot, ma di progettualità, competenze e continuità.
I nostri giovani hanno bisogno di adulti capaci di esserci.
Investire nell’educazione e nella prevenzione significa evitare che i problemi diventino emergenze, costruire comunità più sicure, offrire ai ragazzi opportunità per diventare cittadini consapevoli e protagonisti.
Non c’è investimento più importante, né più urgente.

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