Renzi:
«Il mio ciclo alla guida del Pd è finito. Sono stati quattro anni difficili ma
belli. Abbiamo fatto uscire l’Italia dalla crisi. Quando finirà la campagna di
odio tanti riconosceranno i risultati. Ma la sconfitta impone di voltare
pagina. Tocca ad altri. Io darò una mano. Continuerò a farlo con il sorriso:
non ho rimpianti, non ho rancori [...] Siamo passati da 13 milioni di voti del
referendum ai 6 milioni di domenica scorsa. Abbiamo dimezzato i voti assoluti
rispetto a quindici mesi fa. Allora eravamo chiari nella proposta e nelle idee.
Stavolta — e mi prendo la responsabilità — la linea era confusa, né carne né
pesce: così prudenti e moderati da sembrare timidi e rinunciatari. Dopo un
dibattito interno logorante, alcuni nostri candidati non hanno neanche proposto
il voto sul simbolo del Pd, ma solo sulla loro persona».
E
Matteo Renzi ha annunciò le dimissioni, in una sala piena zeppa di democratici.
Sarà
Maurizio Martina a traghettare il partito verso il congresso (probabile ad aprile)
e siccome le primarie sono cosa seria, prima ancora che molti di voi
decideranno di regalare 2 euro al PD, vi anticipo che sarà eletto segretario
Delrio.
Qualcuno,
che ama guardarsi il film seduto senza anticipazioni, mi starà odiando ma
Delrio è un renziano che ultimamente – per opportunità politica – s’è fatto un
po’ meno renziano, per compiacere tutti nel partito.
Ad
ogni modo, Martina ha lasciato la
carica di ministro dell'Agricoltura, assunta - ad interim - da Gentiloni, fra
un po’ scoprira il “piacere” dei ruoli di potere (segreteria) e come tutti,
lavorerà per “il bene di tutti” (tradotto: vorrà restarci il più a lungo
possibile)
Al
momento, la formazione di un governo appare complessa, tutti gli uomini del PD confermano
la volontà di restare all’opposizione (anche se...) tranne il pugliese Emiliano.
Le
presidenze di camera e senato – da prassi – spettano ai due vincitori, quindi
una ai cinque stelle e una Lega, ma è da considerarsi un “fatto tecnico” e non
si prefigurano scenari che prevedano accordi per un governo insieme.
Il
leader leghista indispettisce Berlusconi, snobba Forza Italia ma che la
presidenza di una delle due Camere vada alla Lega è conseguenza naturale.
Forza
Italia sembra in liquidazione, in troppi aspettano il Big Bang che accadrà non
appena Berlusconi uscirà dal terreno di gioco.
Tutti
i forzisti vorrebbero tanto evitare il ritorno al voto, chi per ragioni
politiche (Berlusconi) chi per timori elettorali (peones)
Sembra esclusa la possibilità di un “governo
del presidente” o istituzionale o come cavolo preferiscono chiamarlo.
Berlusconi ha proposto a Salvini la candidatura unitaria (e quindi elezione
quasi certa) alla presidenza del Senato.
Probabilmente
per neutralizzare il “forte” alleato, arginando l’attività politica di una
politico molto mediatico e dai temi “forti”.
O farsi dire di NO e proporre P. Romani
O farsi dire di NO e proporre P. Romani
E infatti Salvini
ha rispedito al mittente la proposta, immagino con il sorriso, adesso in FI vogliono la carica di Presidente del Senato.
Fra
lega e M5S ci sono diversi punti di contatto, le due piattaforme su alcuni temi
parlano la stessa lingua.
L'intesa
giallo-verde (M5S-Lega) difficilmente potrebbe durare tutta la legislatura, ma
l’eventualità darebbe a questa maggioranza la facoltà di eleggere – nel 2022 – il successore di Mattarella.
Intanto a Strasburgo, nell’ultima ha
salutato con una conferenza stampa l'Europarlamento (speravo che andasse almeno
per l’occasione) ha detto che la Lega è pronta a infrangere il vincolo del 3%
stabilito a Maastricht.
Tutto questo un attimo dopo, che il
ministro Padoan – a Bruxelles – definiva
il proprio Stato “un elemento di
incertezza per l'Unione europea”.
Mi chiedo fino a quando dovremo
avere rappresentanti, che vanno in giro per l’Europa a gettare fango e
preoccupare i mercati.
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