Nel
corso dell’ultimo Consiglio Comunale – per bocca del collega Ferrarini – è stato
letto un Comunicato a firma dei Gruppi
di Minoranza in dissenso alla scelta del Primo Cittadino Mandelli, di andare al
presidio di solidarietà al Sindaco Mimmo Lucano, oggi agli arresti domiciliari
con l’accusa di favoreggiamento immigrazione clandestina (anche attraverso
matrimoni falsi).
Al termine del Comunicato, è stato consigliato al Sindaco di prendere FINALMENTE l'apprezzabile decisione di dare le dimissioni.
Attenzione,
ognuno è libero di manifestare solidarietà a chi vuole e – peraltro – non sarà
nessuno dei Consiglieri Comunali di Minoranza a poter cambiare le preferenze su
miti ed eroi nel pantheon di Mandelli, che può autonomamente attaccarsi il poster in camera di qualsiasi persona che desidera.
Non
ho nulla da dire nemmeno sull'irrefrenabile voglia di Mandelli – identica a
quella di Tommy – di imbucarsi nei TG3 e aggrapparsi al microfono per dire la
prima cosa che gli viene in mente (“siamo l’unico comune che sul tema
accoglienza abbiamo fatto un Consiglio Comunale aperto”).
Un
Primo Cittadino al servizio del paese vuol dire saper rappresentare un
sentimento diffuso, altra cosa è utilizzare
il paese e indossare una fascia e trascinarsi il gonfalone e servirsene come
megafono per i propri convincimenti.
Mandelli è andato alla manifestazione con la fascia tricolore, con il gonfalone del Comune, spezzando definitivamente quel sottile filo rosso, che reggeva a fatica la sua logora immagine di primo Cittadino alla labile fiducia di un paese oramai esausto.
Mandelli è andato alla manifestazione con la fascia tricolore, con il gonfalone del Comune, spezzando definitivamente quel sottile filo rosso, che reggeva a fatica la sua logora immagine di primo Cittadino alla labile fiducia di un paese oramai esausto.
Io
non so cosa abbia realmente commesso il Sindaco di Riace Mimmo Lucano, questo
lo dirà la Giustizia, ma l’ordinanza firmata dall’Ufficio del Giudice per le
indagini preliminari del Tribunale di Locri non consegna l’immagine di un
Misericordioso e un Sindaco non avrebbe esposto il proprio Comune al ridicolo.
Non avrebbe dovuto manifestare a favore di una persona ai domiciliari per gravi indizi di colpevolezza, proprio in ossequio al rispetto che si deve alle Istituzioni.
Non avrebbe dovuto manifestare a favore di una persona ai domiciliari per gravi indizi di colpevolezza, proprio in ossequio al rispetto che si deve alle Istituzioni.
Ci
sarà un processo, ma ad oggi sono 129 pagine a mettere nero su bianco che non è
di “modello” che si è trattato, ma di “sistema”, Capillare, per giunta.
Stando
alle accuse, non di qualche neo nazista ma della Magistratura, il sindaco dei
migranti era il sindaco-capo che godeva di aiuto tra le sfere alte della
politica e nei ministeri, e che proprio grazie a questo riusciva a gestire
associazioni, cooperative, dipendenti la cui affiliazione al sistema garantiva una
serie di benefici.
Non
si parla solo di agenzia matrimoniale improvvisata (un 70enne sposato con una Nigeriana, per far ottenere a questa la Cittadinanza, ha persino chiesto di consumare) e quindi favoreggiamento
dell’immigrazione, ma il quadro dei reati che ha portato all’arresto di Lucano
è ben più ampio e copre un lasso di tempo che va dal 2014 a oggi. Sono trenta i nomi iscritti nel registro degli
indagati assieme al primo cittadino di Riace, non uno.
Il Che Guevara de noantri non si è accorto di nulla.
Al
momento sono contestate posizioni sgradevoli tipo che il sistema Riace era
assicurato da rendicontazioni indebite delle presenze degli immigrati, ma anche
dalla gestione impropria delle derrate alimentari che dovevano essere destinate
agli ospiti, che invece venivano utilizzate per fini privati. Speculazioni
avvenivano anche sulle spese carburante e sulle prestazioni lavorative,
coperte da fatture false ma nei fatti mai avvenute. Fare parte del sodalizio
del sindaco-eroe significava anche poter contare su una sorta di bancomat
perenne, che garantiva prelievi in contanti dai conti delle
associazioni senza nessuna giustificazione.
Sembra – almeno queste sono le contestazioni – che il denaro non veniva utilizzato a fini sociali, ma andava dunque a ingrassare altre persone.
Sembra – almeno queste sono le contestazioni – che il denaro non veniva utilizzato a fini sociali, ma andava dunque a ingrassare altre persone.
Per
il solo triennio a Lucano e ai rappresentanti legali di dodici associazioni che
si sono costituite dal 2010 al 2016 – ripeto dodici – vengono infatti
contestati anche i reati di concorso formale e turbata libertà
degli incanti.
In
pratica “mediante collusioni e altri mezzi fraudolenti, non ricorrendo ad alcuna
reale procedura negoziale” avveniva la turbativa delle gare e degli affidamenti
dei servizi di accoglienza migranti “in spregio – si legge ancora
nell’ordinanza – ai principi di trasparenza, concorrenza ed economicità”.
Ora, queste sono le accuse, i reati contestati, non rappresentano alcuna condanna.
Sono garantista, sempre, non ad intermittenza come i compagni "de sinistra".
Oggi
il PD cassinese raccoglie firme in solidarietà del Sindaco di Riace, ma fu proprio
il prefetto Mario Morcone, presidente del Consiglio italiano per i rifugiati, che
fu direttore del Dipartimento che si occupava dei richiedenti asilo – e poi capo di gabinetto del ministro Marco Minniti – a sostenere che «Avevo sollecitato
il Sindaco di Riace a mettersi in regola, gli avevo spiegato che cosa non
andava. Lui era ostinato, convinto che l’Anci ce l’avesse con lui, un paio di
anni fa l’Anci, l’associazione dei Comuni che da cui dipendono i progetti
Sprar, aveva rilevato che molte cose non andavano nella gestione da parte di
Lucano, faceva entrare nel sistema di accoglienza chi sceglieva lui, non
ascoltava le indicazioni, commetteva errori nelle rendicontazioni, l’esito
delle verifiche compiute della prefettura adombrava anche un rilievo penale e
per questo si è deciso di mandare la relazione finale alla Procura».
Già
nel luglio 2016 quando gli ispettori della Prefettura di Reggio Calabria si
recarono nel centro Sprar ravvisando una serie di anomalie che vennero poi
scritte nero su bianco nel mese in cui si insediò Minniti, cioè nel dicembre
2016. Minniti, non un nazista razzista e se Mandelli si fosse letto almeno alcune delle venticinque pagine, avrebbe scoperto che già il ministro PD Minniti lamentava "situazioni fortemente critiche, la cui ripetitività
richiederebbe ulteriori approfondimenti" dall'attivazione delle
convenzioni stipulate con gli enti gestori ai "numerosi rapporti di
parentela tra il personale in organico presso gli enti gestori e i componenti
dell’amministrazione comunale” passando per la mancanza di controllo
sistematico delle presenze dei migranti alle fatturazioni senza “pezze
d’appoggio” fino ad arrivare alle anomalie sull'erogazione del Pocket Money.
Il
ministero guidato da Minniti ha voluto vederci chiaro tanto che nell'agosto
2017 ha bloccato i fondi per Riace suscitando l'ira di Lucano.
Mandelli non sa niente di tutto questo, per lui è bastato andare
in TV con il gonfalone a dire che Cassina la pensa come lui.
Abbiamo chiesto al "Principe dei capannoni" (Massimo Nokiandelli) di sloggiare, di dare le dimissioni, di lasciare libero il paese. Ha letteralmente stufato, ha violato il rapporto fiduciario
Andrea Maggio
Nessun commento:
Posta un commento