domenica 23 novembre 2025

POLITICHE GIOVANILI: EDUCAZIONE, PREVENZIONE E IL RUOLO DELLE FAMIGLIE

 

Nei giorni scorsi, davanti alla scuola di Pozzo d’Adda, un ragazzo delle scuole medie è stato aggredito da alcuni coetanei.


Non intendo soffermarmi sul fatto in sé, che ognuno sta già interpretando secondo la propria sensibilità.


Vorrei invece riportare l’attenzione sulle politiche giovanili, sull’importanza dell’educazione territoriale e sul ruolo, imprescindibile, delle famiglie.


Perché le famiglie non possono voltarsi dall’altra parte. 


In questa fase della crescita, i ragazzi non cercano avvocati o sindacalisti pronti a giustificare qualunque comportamento, ma adulti presenti, capaci di ascoltare, di cogliere segnali di disagio, di parlare e soprattutto di collaborare.


E sono certo che – anche a Pozzo – questa collaborazione reale esiste e dev’essere soltanto stimolata: solo così le politiche educative territoriali possono funzionare davvero.


Ripensando al mio passato di assessore (anche alle politiche giovanili) mi rendo conto di quanto siano stati anni straordinari e formativi.


L’orgoglio di essere stato referente dell’ente capofila di Spazio Giovani Martesana, un progetto partito da 8 Comuni (e non tutti realmente attivi all’inizio) e poi triplicato nei numeri, con la partnership della Città Metropolitana di Milano

(all’epoca l’assessore Stancari).


Anni in cui l’educazione di strada non era uno slogan, ma un metodo concreto.


Grazie al lavoro tecnico di Nico Acampora – sì, proprio lui, prima che fondasse PizzAut – e al confronto continuo con assessori e uffici dei Comuni della Martesana, riuscimmo a costruire un modello di intervento coordinato che venne poi replicato in molte realtà italiane e riconosciuto per la sua efficacia.


Un progetto cresciuto perché funzionava: perché sapeva stare dove stavano i ragazzi, nei parchi, nelle piazze, negli spazi informali dove spesso gli adulti faticano ad arrivare.


L’educativa di strada serviva proprio a questo: intercettare i ragazzi prima che i problemi esplodessero, costruendo relazioni di fiducia, ascoltando bisogni e fragilità, accompagnando la crescita con strumenti educativi e non solo repressivi.


Qualche anno fa il Ministero finanziò un progetto sulle politiche giovanili che presentammo con convinzione e alla cui realizzazione Spazio Giovani Martesana contribuì in modo significativo.


Fu un risultato che ci rese orgogliosi: la prova concreta che quel lavoro, quella cooperazione tra Comuni, quella simbiosi costruita pazientemente con la Città Metropolitana (l’amica Emanuela fu bravissima) avevano generato valore.


Da quel progetto sarebbe nato un portale regionale dei giovani, capace di raccogliere e rilanciare le migliori web radio delle province lombarde, i video realizzati dai ragazzi, e persino percorsi formativi con le Scuole Civiche di Milano su editing, montaggio video e produzioni digitali.

Iniziative in grado di creare scambi – fisici e virtuali – tra giovani provenienti da territori diversi, mettendo in circolo competenze, creatività e relazioni.


Ricordare tutto questo mi porta naturalmente a un grande ringraziamento, che non sarà mai abbastanza: alla comunità educante.


Quella da cui anche Pozzo deve ripartire: una rete preziosa da costruire attraverso un tavolo permanente tra servizi comunali, educatori, assistenti sociali, forze dell’ordine, oratorio e parroco, famiglie che devono esserci in questa sfida.


E poi le associazioni sportive, che hanno sempre rappresentato una colonna portante della crescita dei ragazzi.


Gli allenatori, in particolare, che ogni giorno svolgono un ruolo educativo enorme: insegnano disciplina, impegno, rispetto, appartenenza.


Sono adulti che, nel quotidiano, trasmettono valori che nessun progetto può sostituire.


Voglio anche ricordare alcune persone che contribuirono con dedizione e competenza a rendere possibile quella stagione di politiche giovanili così ricca e innovativa:


– l’amico sindaco di Cernusco e poi senatore Eugenio Comincini

– l’assessore Maurizio Magistrelli

– Chiara Fiocchi di Pessano

– Panigatti di Vimodrone

– Paola Gargantini di Bellinzago

– Franco Giacomo Colombo di Bussero

– Marco Palazzi di Cambiago

– il mitico Paolo Molteni di Carugate (ancora in campo)

– il sindaco di Gessate Mario Leoni

– l’allora giovanissimo Federico Carrozza di Gorgonzola


E, soprattutto, il prezioso lavoro di Anna Tarantini, referente instancabile del progetto ed ex dipendente del Comune capofila.


Oggi mi chiedo se questo post verrà letto dagli amministratori di Pozzo d’Adda.


Non ne ho la certezza, anzi, dubito.

Non so neppure se i miei post – come accade invece in altri paesi – qui vengano realmente presi in considerazione.


Ma, in fondo, non è mai stato questo il punto.


Perché non ho mai scritto pensando al numero dei lettori: scrivo per spirito di servizio, per offrire il mio umile contributo, per lasciare traccia di un’esperienza che ancora oggi potrebbe essere utile, se solo ci fosse la volontà di ascoltare.


Perché i risultati dell’educativa di strada, servizio di Spazio Giovani Martesana, difficilmente trovano spazio in prima pagina: non sono feste, non sono sfilate, non hanno la visibilità degli eventi.


Sono risultati silenziosi, che emergono ogni giorno solo quando un problema non esplode.


E proprio per questo generano un valore enorme anche dal punto di vista economico: prevenire un disagio significa evitare costi ben più alti in termini di assistenza sociale, interventi educativi d’urgenza, sicurezza, fallimenti formativi.


È un lavoro sotterraneo, complesso, che richiede competenze e continuità e che merita di essere riconosciuto.


E lo vedo in tanti ragazzi poco più giovani di me che non solo sono stati strappati da situazioni a rischio, ma oggi sono addirittura imprenditori o professionisti: perfettamente recuperati grazie al lavoro di quegli educatori che Nico sapeva mettere in campo.


Oggi, purtroppo, alcune aree – e Pozzo d’Adda è tra queste – sono quasi del tutto scoperte da interventi educativi strutturati.


Ed è su questo che dovremmo riflettere. 

La mancanza di politiche giovanili, sia comunali che sovracomunali, lascia scoperti i territori proprio dove servirebbe più presidio.


Senza una rete di educatori formati e presenti, senza un monitoraggio costante affidato a professionisti, i segnali di rischio si colgono troppo tardi, quando gli episodi diventano cronaca.


Racconto questa esperienza con un briciolo di nostalgia e perché credo sia arrivato il momento di rimettere al centro questo tema.


Oggi più che mai.


Vorrei che queste parole fossero lette anche dagli amministratori di Pozzo d’Adda, nella speranza che possano riconoscere l’urgenza di ricostruire una politica giovanile vera, non fatta di iniziative spot, ma di progettualità, competenze e continuità.


I nostri giovani hanno bisogno di adulti capaci di esserci.

Investire nell’educazione e nella prevenzione significa evitare che i problemi diventino emergenze, costruire comunità più sicure, offrire ai ragazzi opportunità per diventare cittadini consapevoli e protagonisti.


Non c’è investimento più importante, né più urgente.


lunedì 17 novembre 2025

POZZO, ALTRI SOLDI AL CEM…?

#PozzodAdda

Il bilancio di previsione è lo strumento principale di programmazione economico-finanziaria dell’ente locale: definisce le priorità amministrative e garantisce la sostenibilità delle scelte. 

È quindi fondamentale che le previsioni iniziali siano attendibili e consentano una gestione coerente durante tutto l’esercizio.


Nel caso dei servizi di igiene urbana affidati a CEM Ambiente S.p.A. in modalità in house providing (1° aprile 2019 – 30 novembre 2026), durante l’esercizio 2025 si sono registrati incrementi significativi rispetto al bilancio approvato.


In particolare, sul Capitolo 2900/2025 – Servizi di igiene urbana si rilevano due deternine importanti:

La n. 815 del 11/12/2024 con un primo impegno di spesa n. 2026/2024 per le attività ordinarie del servizio (raccolta e trasporto, rifiuti cimiteriali, raccolte speciali, tessera CNS, pulizia del suolo pubblico e smaltimenti).

La n. 359 del 16/06/2025 come integrazione di € 960.000,00 per copertura del canone e dei costi di smaltimento.

Infine una determina successiva con ulteriore integrazione di € 40.000,00 per costi “….emergenti e conguagli negativi”.

Nessuno si è premurato di farci sapere in cosa considerano questi costi emergenti e conguagli negativi.

Si tratta di variazioni rilevanti, molto, che pongono interrogativi sulla capacità programmatoria iniziale e sulla prevedibilità dei costi, elementi essenziali per garantire solidità e affidabilità del bilancio. 

Scostamenti così ampi su un servizio ordinario già consolidato non inviano un messaggio positivo riguardo alla programmazione dell’ente.

Le possibili motivazioni possono essere diverse, ma nessuna di queste da ritenersi imprevedibile in un bilancio di previsione consapevole.

Non voglio pensare che l’incremento possa derivare da una sottostima iniziale dei costi del servizio, riconosciuta dall’amministrazione come insufficiente per garantire l’ordinaria gestione.


Pur trattandosi di un servizio complesso, l’entità complessiva degli scostamenti rende opportuna una verifica accurata, nell’ottica di rafforzare trasparenza e coerenza della gestione finanziaria.

I consigli comunali sono chiamati a discutere, votare sulla base di alcune poste in bilancio e qualche mese dopo interviene un capo area da provare una variazione sostanziale: confermando la mia tesi, consigli comunali sono oramai organismi inutili utili a qualche selfie e passerella 

Non facendo parte del Consiglio comunale, reperire queste informazioni non è immediato: occorre tempo per leggere gli atti e analizzare i documenti al fine di comprendere le motivazioni degli incrementi. 

Una comunicazione più chiara e accessibile faciliterebbe cittadini e realtà civiche interessati a seguire l’evoluzione della gestione economica dell’ente.

Infine, se l’amministrazione ha deciso di integrare il capitolo di spesa, per carenze reali nel servizio forse l’intervento si è reso  necessario per ovviare a insufficienze nella gestione ordinaria, sia nelle strade sia in ambiti specifici come il cimitero. 

Scostamenti di bilancio significativi come questo tipo si verificano solo quando un servizio prima non previsto viene incluso o quando emergono elementi programmatici sostanziali non considerati all’inizio dell’anno.

Personalmente, mi ritengo molto deluso dalle dinamiche consiliari, lo scrivo sempre e non cambio idea. 

Nel corso degli anni i consigli comunali sono stati via via sviliti, anche a causa di una legislazione che ha trasferito competenze all’esecutivo, esautorando di fatto un organismo che può operare efficacemente solo in presenza di eccezionalità interne. 

Ovviamente, questo non è il caso di Pozzo d’Adda, ma resta comunque un elemento di riflessione sulla difficoltà di seguire e incidere sulle decisioni amministrative anche per cittadini attenti e informati.


_AM_


domenica 16 novembre 2025

AL CIMITERO, ENNESIMA VERGOGNA

Quello che è accaduto alla tomba del padre della mia amica è davvero vergognoso


Rubare fiori o oggetti da un luogo sacro come un cimitero è un gesto INFAME, vigliacco, che ferisce le persone nel profondo, perché i nostri cari non possono difendersi da simili atti.


Per questo voglio rilanciare con forza una proposta semplice e di buon senso: installare finalmente le telecamere al cimitero. 


Sono certo che anche l’Amministrazione comunale voglia scoraggiare  vandalismo e mancanza di rispetto e i nei cimiteri - in passato oggetto  di devastazione e furti di rame - occorre un sistema di videosorveglianza tutelerebbe le famiglie.


Oggi che non esite piu il “custode” comunale, le telecamere sarebbero un valido deterrente: la memoria dei nostri cari merita rispetto.


AM

mercoledì 12 novembre 2025

POZZO, MENSA: RIASSEGNATI I LAVORI, MA FACCIAMO ATTENZIONE


Non ho numeri alla mano, non conosco quanti siano i casi di ricorso all’istituto dell’affidamento in house providing, previsto dall’art. 7 del D.Lgs. 36/2023 (nuovo Codice dei contratti pubblici) per accelerare la spesa e semplificare le procedure e l’attuazione dei progetti finanziati con risorse PNRR.

Si tratta di un istituto legittimo, ma di natura derogatoria rispetto al principio di concorrenza, e dunque da utilizzare con cautela, solo quando sussistano i presupposti sostanziali di:

  • controllo analogo da parte dell’ente pubblico;

  • attività prevalente a favore degli enti soci;

  • e coerenza funzionale dell’attività affidata con l’oggetto sociale della società in house.


Negli anni precedenti all’entrata in vigore del nuovo Codice, l’uso dell’affidamento in house ha spesso mostrato le proprie ombre.

Personalmente, ho sempre evidenziato ambiguita.

In numerosi casi, lo strumento (ripeto: nato come eccezione alla regola della concorrenza) è stato impiegato come prassi ordinaria (male, molto male) con effetti distorsivi sia sul piano della trasparenza che su quello dell’efficienza amministrativa.

Gli abusi registrati hanno messo in luce, sicuramente la classica carenza di trasparenza nelle procedure di affidamento, l'eccesso di discrezionalità nella scelta delle società affidatarie e la mancanza di motivazioni economiche verificabili a sostegno della convenienza dell’affidamento diretto.

Il caso di Pozzo è perlopiù dettato da esigenze dovute al cronoprogramma.

Ma il tema con il quale - in altri Comuni - mi sono scontrato è che alcune di queste partecipate sono risultate prive dei requisiti soggettivi e oggettivi previsti per operare nei settori dei lavori, servizi o forniture: spesso non riscontravo la presenza delle necessarie qualificazioni SOA.

A dire il vero, nemmeno mezzi tecnici propri o una struttura organizzativa non idonea a garantire l’esecuzione diretta delle attività affidate.

Svolgo incarichi di CSE e dicono che ho "l'occhio lungo".

Non di rado, tali società ricevevano incarichi estranei alla loro missione istituzionale, fungendo di fatto da intermediari per l’affidamento di lavori a imprese terze, senza alcuna verifica comparativa o analisi di convenienza economica rispetto al benchmark di settore.

Elusione del principio della concorrenza, vittima predestinata è la trasparenza.

Il D.Lgs. 36/2023 ha cercato di correggere queste storture, ribadendo che l’affidamento diretto è ammissibile solo se la società dispone dei mezzi e competenze proprie per eseguire l’attività.

Non solo. 

L'intervento assegnato deve rientrare nell’oggetto sociale e nella missione istituzionale e l’amministrazione (il Comune quindi) dimostra la convenienza economica e funzionale rispetto a una gara pubblica.

Tuttavia, proprio il caso del Comune di Pozzo d’Adda, con l’affidamento ad ATES S.r.l. della realizzazione di una nuova mensa scolastica, mostra come alcune criticità del passato non siano del tutto superate.

ATES, infatti, è una ESCo (Energy Service Company), società in house providing a capitale pubblico, nata per la gestione del calore, l’efficientamento energetico e la pubblica illuminazione.

In questo caso, però, il Comune non le ha affidato un intervento di riqualificazione energetica o impiantistica — coerente con la sua missione — bensì la costruzione ex novo di un edificio pubblico.

Si tratta di un’opera di natura edilizia, strutturale e impiantistica complessa, per la quale ATES dovrebbe dimostrare qualificazioni SOA.

In genere chi gestisce il calore, risparmio energetico, si occupa di caldaie e illuminazione pubblica (come fa ATES) no ha esperienza diretta nel settore delle costruzioni civili, difficilmente ha categoria OG1 (edifici civili e industriali) e OG11 (impianti tecnologici).

Per questo sono legittime le perplessità di coerenza funzionale, riproponendo i rischi del vecchio sistema: sostanziale assenza di gara pubblicadifetto di allineamento tra oggetto dell’affidamento e missione societaria e un potenziale ricorso (quasi integrale) al subappalto.

E questo sarebbe incompatibile con il principio sacrosanto secondo cui l’attività in house deve essere eseguita direttamente dalla società affidataria.

Ovviamente, il caso del Comune di Pozzo d’Adda (MI) rappresenta un esempio emblematico di percorso amministrativo complesso e problematico, quindi la scelta dell'affidamento in house (ad una partecipata comunale) è stata dettata dai tempi, 


Dall'approvazione del progetto definitivo-esecutivo dei “Lavori relativi alla scuola primaria I.C. Le Ali della Libertà – Primo lotto funzionale: ampliamento per la realizzazione di mensa scolastica” (spesa totale di € 1.485.667,60) sono trascorsi 3 anni e mezzo (deliberazione di Giunta n. 70 dell’8 giugno 2022.

Nel febbraio 2024, l’impresa segnalava il presunto rinvenimento di materiali contaminati, che ha determinato la sospensione immediata dei lavori è di febbraio 2024.

I lavori, previsti in 301 giorni, non avrebbero potuto essere completati entro il termine PNRR del 30 giugno 2026, condizione necessaria per mantenere il finanziamento.

La rescissione intervenuta l'11 settembre 2025 ha sicuramente comportato oggettivi problemi sulle tempistiche, ma che la BDM Group S.r.l. è stata indennizzata con € 145.409,52 (oltre ai lavori eseguiti, pari al 4,12% del totale).

L’impresa veniva formalmente intimata a liberare l’area di cantiere entro 5 giorni (note prot. 9725 del 6 ottobre e 9949 del 10 ottobre 2025), ma non provvedeva e - in ritardo di una settimana - il Comune procedeva alla presa di possesso forzata del cantiere, come da verbale prot. 10254/2025  (20 ottobre 2025).


A seguito della risoluzione del contratto e della necessità di completare i lavori entro i termini del finanziamento PNRR, il Comune, deliberava di affidare l’intervento ad ATES S.r.l..


Una soluzione più rapida ma più rischiosa e anche il Comune se ne rende conto quanto giustifica la scelta "...in base alle competenze energetiche della società, già titolare del contratto “Servizio Energia” con il Comune (2020–2030)".

E quindi, ATES procederà a subappaltare i lavori di realizzazione della scuola? A chi? 


Pur comprendendo l’urgenza di completare l’opera entro i termini del finanziamento PNRR, la decisione di affidare la realizzazione della mensa ad ATES S.r.l. presenta profili di dubbio e criticità sotto più aspetti.


ATES è una ESCo la cui missione è centrata sulla gestione del calore, sull’efficientamento energetico e sulla pubblica illuminazione.

La costruzione ex novo di un edificio scolastico non rientra tra le attività previste dal suo oggetto sociale né nella sua missione istituzionale.

Proprio per questa ragione, è lecito domandarsi in che modo ATES intenda gestire il subappalto delle lavorazioni e, soprattutto, a quali soggetti tali attività verranno affidate.

L’art. 7, comma 2, lett. d), del Codice dei contratti pubblici stabilisce che un affidamento in house è legittimo solo se la società affidataria esegue direttamente la prestazione e non si limita a fungere da intermediario tra l’amministrazione e le imprese esecutrici.

Come se il prossimo appalto di riqualifica pavimentazioni stradali", per evitare la gara, l'affidiamo a CAP (con affidamento in house).
No.

Se ATES dovesse, di fatto, subappaltare integralmente le opere a imprese terze, si configurerebbe un modello di affidamento “a catena” incompatibile con il diritto europeo (Corte di Giustizia UE, cause Econord, C-182/11; Undis Servizi, C-553/15) e con i principi di trasparenza e concorrenza che presiedono all’uso di risorse PNRR.

Resta quindi  - lo scrivo con estrema fiducia e spirito collaborativo (visto che a Pozzo ne abbiamo viste di ogni in questi decenni) - è essenziale un'azione di controllo nell'interesse pubblico.

E' essenziale comprendere:

  • quale percentuale dei lavori verrà materialmente eseguita da ATES;

  • quali imprese saranno eventualmente coinvolte come subappaltatrici;

  • e quali criteri di selezione verranno adottati per garantirne la competenza, la qualificazione e la conformità alle regole sulla tracciabilità e sull’evidenza pubblica.

Senza una chiara governance di tali aspetti, il rischio è che l’operazione si traduca in una mera intermediazione contrattuale, svuotando di contenuto la ratio dell’in house providing e vanificando la finalità di controllo pubblico diretto che ne costituisce il presupposto di legittimità.

Tutto questo, con mero spirito collaborativo.

Visto che - questo Comune - non ha da molti anni un assessore ai lavori pubblici. 


AM


lunedì 3 novembre 2025

SCUOLE ITALIANE, APRIRE AL DIBATTITO NON AI COMIZI

Comprendo e apprezzo il valore educativo delle assemblee studentesche: sono momenti importanti di crescita civica, di confronto e di stimolo al pensiero critico.

Le assemblee studentesche dovrebbero essere momenti di crescita e confronto, occasioni per imparare a ragionare in modo critico sui grandi temi del nostro tempo.

Proprio per questo, è fondamentale che si svolgano nel pieno rispetto del pluralismo e della neutralità politica, come previsto dalla Costituzione (art. 97) e dalla normativa scolastica (D.Lgs. 297/1994, artt. 13–15).

Quando la scuola ospita un incontro su temi complessi e sensibili – come la situazione in Palestina – con un esponente politico chiaramente schierato, senza contraddittorio e senza voci alternative, il rischio di trasformare un’occasione educativa in un atto di propaganda è concreto.

L’assemblea prevista in alcune scuole sul tema “La situazione in Palestina”, con la presenza di un esponente politico dichiaratamente schierato, rappresenta a mio avviso un errore grave di metodo educativo.

Nulla da dire su Paolo Romano, che ho avuto modo di conoscere all'inizio della sua carriera (quando ancora volantinava alle sagre di paese e stazioni della metropolitana).

Un vero appassionato di politica, che rispetto per il percorso (segretario metropolitano dei giovani democratici) a cui auguro di proseguirlo al meglio.

Detto questo, su temi così controversi, la scuola non deve indirizzare, ma far comprendere le posizioni in campo.

Bisogna evitare sempre  comizi, perchè se rivolti a minorenni "lavaggi di cervelli" scimmiottano vecchie usanze in tempi di fascismo.

Un istituto statale non può permettersi di essere luogo di una parte, di una fazione.

Non deve prestarsi a fare da megafono a posizioni faziose, di parte.

La Costituzione impone l’imparzialità delle istituzioni pubbliche e la normativa scolastica stabilisce che le assemblee non siano strumenti di proselitismo, ma occasioni di confronto libero e pluralista.

Trovo profondamente sbagliato che un tema tanto delicato venga proposto agli studenti senza un reale dibattito e con un relatore politico impegnato in prima persona in iniziative ideologiche come la cosiddetta “flottiglia”.

Questo non è educare: è indirizzare. 

E, in un contesto scolastico, non dovrebbe accadere.

Purtroppo, le scuole italiane - troppo spesso -restano ostaggio di una certa cultura politica di sinistra, che attraverso una narrazione unilaterale tende a orientare la sensibilità dei giovani più che a formarne la capacità critica.

Ma la scuola non deve essere un luogo di adesione ideologica — dev’essere il luogo dove si impara a pensare, non dove si impara cosa pensare.

Educare significa insegnare a confrontarsi, non a schierarsi.

Solo dal confronto tra idee diverse nasce la comprensione profonda, il dubbio costruttivo, la libertà di farsi una propria opinione, il metodo migliore per crescere cittadini consapevoli, in grado di valutare più prospettive, non un’unica verità.

Occorre garantire spazi di confronto autentico, dove i ragazzi possano ascoltare più voci, porsi domande e formarsi un pensiero davvero libero.

E invito anche i genitori a parlarne con i propri figli: perché quando si trattano temi politici e geopolitici così complessi, la vera libertà nasce solo dal pensiero critico, non dal conformismo.

_AM_


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Consigliere Comunale "Uniti per Cassina"

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